Il cottage dei miei sogni

In questo tempo così ansiogeno e contraddittorio – ogni mattina ci si chiede “cosa succederà oggi?”, “potrò uscire di casa o no?”, “dopo la seconda ondata di Covid ce ne sarà una terza?”, “ma tutto questo finirà prima o poi?” – una delle attività che suggerisco (con me funziona) è guardare foto di cottage e piccole case sparse un po’ ovunque nel mondo.

Le case/casette/cottage che preferisco si assomigliano tutte: hanno un’aria vissuta, tra il rustico e lo shabby, e trasmettono una sensazione di intimità, calore e massimo relax.

Adoro spulciare tra le immagini che possono essere di ispirazione per l’arredamento della mia casetta. Come ad esempio questa…..

Questo connubio tra tetto di legno e muro in pietra è davvero “cool”. Per non parlare della poltroncina a fiori: una delizia.

Amo leggere. Quando sono in Normandia leggo solo e rigorosamente libri in francese, dai romanzi contemporanei (Agnès Martin-Lugand è attualmente la mia preferita, presto le dedicherò un post) ai classici (Flaubert e Rimbaud guidano la mia classifica). Quindi come non restare incantata di fronte a questi angoli di paradiso….

Un’altra delle mie “fisse” sono i caminetti. Ne ho uno in salotto, che ho dovuto far riaprire perché i precedenti proprietari (una coppia della Cornovaglia) l’ avevano fatto chiudere come fanno tutti gli inglesi (e sono tanti) che acquistano case in Normandia🙄🙄🙄. Ma di camini ne ho altri tre. In quello della cucina ho inserito una stufa a legna. Quelli nelle due camere da letto non li uso (ma non si sa mai, forse un giorno li ripristinero’).

Devo ammettere una cosa: la maggior parte delle mie ricerche riguardano la CUCINA.

Quelle qui sotto sono le mie preferite: sfido chiunque a non volerci passare ore scrivendo, chiacchierando con le amiche, preparando un caffè, dei pancakes o una ratatouille…

Bene, per oggi è tutto. La prossima volta vi proporrò foto di bellissimi grenier (mansarde). Per sognare ed evadere da questa pesantezza.

A presto!

Il cimitero americano a Omaha Beach, per non dimenticare

La Normandia è strettamente legata a uno dei più drammatici momenti della nostra storia. Spesso mentre attraverso le stradine e la miriade di piccoli paesi di questa regione, penso alla sofferenza e ai drammi che questo popolo ha vissuto e subìto durante l’occupazione nazista e la Seconda Guerra Mondiale.

Visitare Omaha Beach e il cimitero americano di Colleville-sur-Mer aiuta a non dimenticare.

Settanta ettari a picco su una scogliera che sovrasta una spiaggia immensa raccolgono le spoglie di 9.387 soldati americani morti per la maggior parte durante il D-Day.

Di proprietà degli Stati Uniti d’America, il cimitero e il monumento ai caduti sono gestiti dall’American Battle Monuments Commission, un’agenzia indipendente del Governo statunitense, e ogni anno vengono visitati da un milione di persone.

Oltre a Theodore Roosevelt Jr., figlio del presidente Theodore Roosevelt, qui sono sepolti anche Preston e Robert Niland, la cui storia ha ispirato Steven Spielberg per il film Salvate il soldato Ryan.

Camminare tra le migliaia di croci bianche è commovente. Il silenzio e una profonda tristezza accompagnano i visitatori di uno dei luoghi simbolo della Seconda Guerra Mondiale. Immaginare che così tanti giovani siano rimasti uccisi per liberarci dal nazismo provoca emozioni difficili da spiegare.

Qui sopra la statua bronzea alta sei metri, realizzata da Donald De Lue, che raffigura The Spirit of American Youth Rising from the Waves.

Anche il vicino Memorial Museum è assolutamente da non perdere.

Brividi. Storia. Bellezza struggente.

Alla prossima!

Viaggiare ai tempi del Covid

Viaggiare ai tempi del covid. Siamo tutti colpiti. Feriti. Ammutoliti. Ovunque nel mondo. Viviamo in un Pianeta ferito. “Distanziamento sociale”… un’espressione che fino a due mesi fa non conoscevamo. Ora è la NORMA. Ci dobbiamo fare i conti ogni giorno, ogni minuto della nostra vita.

Il senso del viaggio

Tutti noi viaggiamo per distrarci, cambiare aria, riposarci, rilassarci, evadere dalla routine, ricaricarci. C’è chi viaggia per lavoro o per andare a trovare un amico o un parente. Ma viaggiare per alcuni significa anche uscire dalla propria “comfort zone”. Sperimentare, scoprirsi, conoscersi meglio, trovare nuove prospettive. Per molti il viaggio è anche questo.

Questo virus, lo sappiamo, ha cambiato le nostre vite. E ci ha rubato un’abitudine, per molti una necessità, per altri una passione: VIAGGIARE. Questo mostro ha svuotato gli aeroporti, le stazioni ferroviarie, le autostrade. Con gravissimi danni economici. E non sappiamo quando tutto questo finirà.

Avvolti da una nube triste e pesante

L’ultima volta che sono stata in Normandia era subito dopo Natale. Come ogni anno, il 26 dicembre salgo su un aereo, sbarco a Parigi e prendo il treno. Ormai conosco a memoria tutti i café, tabaccai e boulangerie intorno alla stazione. Ma a causa della pandemia è stato un viaggio molto strano: tutto era avvolto da una nube triste e pesante.

In genere mi fermo nei pressi della stazione per circa un paio d’ore. Amo fare una breve pausa per respirare l’aria di Parigi, fermandomi in un bistrot per un sandwich jambon fromage, una quiche e un espresso. A volte mi concedo anche un muffin al cioccolato o un croissant, tanto per gradire. Ma i bistrot erano semi-deserti, i passanti in mascherina, guardinghi, frettolosi, impauriti.

Negli anni ho visto quelle strade con il sole, il vento, la pioggia. Le ho attraversate sotto il caldo di luglio e il freddo umido di gennaio; ho assaporato il dolce e allegro profumo della primavera parigina, spettacolare, e quello malinconico ed elegante dell’autunno. Ma non avevo mai percepito la paura.

Il panico

A parte il covid, a Natale non è stato facile organizzare i voli perché in quel periodo la Francia era bloccata da un pesante sciopero nazionale contro la riforma delle pensioni proposta da Macron.

Sono arrivata il giorno prima di uno dei tanti blocchi della SNCF, la società nazionale delle ferrovie francesi. E al ritorno ho dovuto rifare il biglietto per la paura di non poter raggiungere l’aeroporto di Orly. Durante tutta la mia permanenza in Normandia, seguivo costantemente i notiziari tv, collegandomi quotidianamente al sito delle ferrovie per capire quando e come tornare. C’era il panico.

Questi scioperi a singhiozzo e senza preavviso (per sapere se il proprio treno sarebbe partito o meno bisognava controllare le tabelle il giorno prima alle 17) sono durati mesi. Hanno creato molta confusione, incertezza, nervosismo e scontento, anche se molti francesi condividevano le motivazioni dello sciopero.

MA NON È NIENTE IN CONFRONTO A QUELLO CHE STIAMO VIVENDO OGGI.

Ormai spostarsi è diventata una chimera. Non si può neanche andare al parco sotto casa, figuriamoci in Normandia…

Mancanza di ossigeno

Mi manca tanto. I miei amici mi inviano spesso foto scattate nelle brevi pause all’aria aperta concesse durante il confinement. Guardarle è un piacere, ma anche una tortura. Perché non so quando potrò tornare a immergermi in quella luce e in quei paesaggi che per me sono ossigeno puro.

Ma bisogna resistere. Rispettando le regole e pensando con rispetto e affetto alle famiglie falcidiate e ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari che stanno dando prova, in tutto il mondo, di grande coraggio.

One World Together at Home

Un esercito di generosi professionisti che proprio stanotte sono stati omaggiati e ringraziati da grandi artisti come Elton John, Paul McCartney, Rolling Stones, Andrea Bocelli, Billie Eilish, Jennifer Lopez, Celine Dion, da personaggi come Michelle Obama e Oprah Winfrey e tantissimi altri, nel concerto in streaming organizzato da Lady Gaga, One World: Together at Home.

Elton John con Lady Gaga
Sir Paul McCartney

Un evento unico, storico, che ha raccolto le esibizioni di molti artisti dalle loro case, allo scopo di raccogliere fondi in favore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E che ha raggiunto la cifra di 150 milioni di dollari!!!

L’ho seguito fino alle quattro del mattino.

Spero che questo tempo così oscuro finisca al più presto. Ce lo auguriamo tutti.

Per ripartire più consapevoli e forti di prima.

Buona vita a tutti voi.

E alla prossima!

Sembra un secolo fa

Sono passati solo due anni da questo scatto. Eppure sembra un secolo fa.

In questo momento, nell’era del Coronavirus, le nostre vite sembrano sospese. La vita si è fermata. Ogni nostro progetto, sogno, impegno, è rimandato a data da destinarsi. Siamo stati presi alla sprovvista. Eravamo abituati ad avere tutto e subito. Fino a un mese fa bastava un click per avere in tasca un biglietto d’aereo e andare dove volevamo. Quando uscivamo di casa la nostra unica preoccupazione era trovare parcheggio, fare benzina, beccare l’autobus in tempo… riuscire a fare tutto nel tempo stabilito.

Ora il tempo si è fermato. E non sappiamo più che fare, come impiegare queste lunghissime e silenziose 24 ore che ci aspettano ogni giorno.

Siamo improvvisamente soli. Confinati. Prigionieri nelle nostre case. Non possiamo comunicare fisicamente con gli altri. cerchiamo di capire cosa stia succedendo, per trovare un modo per evitare il disastro. Il cervello lavora ininterrottamente per immagazzinare più informazioni possibili. Perché ciò che davvero ci spaventa è il non sapere, non conoscere il nemico.

Dopo aver provato un senso di onnipotenza, illudendoci di essere padroni del tempo e dello spazio, da un giorno all’altro ci siamo ritrovati nel buio. in lockdown. Ci siamo sentiti piccoli, fragili, senza armi né difese rispetto a un male globale , potentissimo e senza volto.

Londra, dicembre 2019

Chissà quando potremo tornare a vivere normalmente. A cantare e suonare per strada … a baciarci e abbracciarci, mangiare una pizza con gli amici, andare al cinema, prenderci un cappuccino al sole, fare la spesa senza mascherina e il terrore del contagio. Insomma, tornare ad attraversare questo Pianeta con leggerezza, senza l’ombra costante che ormai pesa su tutti noi.

Una cosa è certa. Non saremo più gli stessi.

C’è da augurarsi che chi ci governa impari qualcosa di molto semplice: il benessere economico, il potere politico, non contano assolutamente nulla quando l’umanità soffre e muore. E’ un costo insostenibile.

Cos’altro deve succedere per capire che è il momento di un totale cambio di rotta?

Rivalutare l’Italia ai tempi del Covid

Non è per niente facile. Vivere reclusi in casa da settimane. Non poter vedere nessuno. Non poter abbracciare nessuno, figli, genitori, fratelli, amici…

Quando dieci giorni fa i miei amici normanni mi hanno chiesto come stavo, e come andava in generale in Italia, mi sono resa conto che la Francia non aveva ancora idea di quanto grave fosse l’emergenza Covid.

Seguivo i loro account su Facebook e vedevo ancora foto di feste, riunioni in campagna, saggi musicali: insomma, nulla era cambiato.

Ho cercato di metterli in guardia. Ovviamente mi hanno ascoltato, chiedendomi suggerimenti e informazioni. Ma segnalandomi che chi, come loro, prendeva già qualche precauzione, veniva preso in giro.

Fino a quando il presidente Macron ha fatto l’annuncio che aspettavo da diverso tempo.

Ha fatto chiudere bar, caffè e ristoranti. E ha detto “siamo in guerra“.

In quel momento ho scoperto che i francesi non sono migliori degli italiani. Basta guardare gli assalti ai supermercati e la fuga da Parigi dopo l’annuncio del lockdown.

Abbiamo tanti difetti, ma quando c’è un’emergenza non ci batte nessuno.

Ovviamente queste osservazioni non significano che il mio amore assoluto per la Francia, e per la Normandia in particolare, sia diminuito. Mostrano solo che sto rivedendo il mio personale giudizio sul mio Paese, che critico sempre. Forse ho esagerato.

In Italia quasi tremila tra medici e infermieri hanno contratto il Coronavirus. Da settimane continuano ad assistere i malati h24 pur non avendo mascherine, guanti, dispositivi per proteggersi da questo maledettissimo virus.

La foto-simbolo dell’impegno immane degli operatori sanitari sul fronte Coronavirus

Tutto il Paese si è mobilitato. È stato attraversato da un vento di solidarietà che in pochi giorni ha spazzato via polemiche stupide e inutili, divisioni e pregiudizi.

Uno degli ospedali del nord dove il contagio è ai massimi livelli (Cremona)

Resistiamo! Pensiamo alle tante persone che soffrono in ospedale, intubate, sotto ossigeno, sole.

Un’infermiera con i lividi provocati dall’uso prolungato della mascherina

Siamo vivendo uno dei momenti più bui della nostra storia. Sarà un disastro dal punto di vista sociale ed economico. Ma non mi pare ci sia in giro aria di arresa. Anzi. Si sta tutti combattendo contro il nemico, a volte anche a mani nude.

Il messaggio all’Italia sulle mura della Città Vecchia a Gerusalemme

E da molti Paesi del mondo sono arrivati segnali di grande solidarietà e incoraggiamento. Guarda qui.

Grazie Italia, non sei poi così male! Anzi, sei un grande Paese (quando vuoi).